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venerdì 6 luglio 2012

La particella di Dio spiegata a mia zia

Se ne fa un gran parlare, ma che cos'è effettivamente il Bosone di Higgs? Perché è considerato così importante? Cosa mai cambierà per la mia vita?

Si sa, quando la scienza fa notizia sui telegiornali ci sentiamo tutti improvvisamente un passo più vicini ad una civiltà di tipo 1 (ossia ad una civiltà progredita che ha completo controllo sul suo pianeta); ma andando ad approfondire sono in pochi a comprendere le reali implicazioni di una scoperta scientifica di questa portata, e nello specifico pochi Tg si sono spinti a spiegare cosa sia questo bosone, enfatizzando solamente l'interessante e comunicativo soprannome "La particella di Dio".

Il nome stesso ("The God Particle") è una trovata di marketing dell'editore del libro scritto dal premio Nobel Leon Lederman nel 1993, che originariamente avrebbe voluto intitolarlo "The Goddamn Particle", ovvero "La particella maledetta", dato che sfuggiva a qualsiasi tentativo di essere trovata.

I bosoni sono invece una categoria di particelle opposte ai fermioni, in quanti questi ultimi sono associabili alla materia, mentre i bosoni ai campi di forza come le interazioni nucleari o elettromagnetiche (o gravitazionali, ma il "Gravitone" ancora non è stato trovato). Ad esempio i fotoni sono bosoni, mentre gli elettroni sono fermioni.

Il Bosone di Higgs (ipotizzato dal fisico Higgs nel 1964, che è ancora tra noi, ateo e critico verso il nome "Particella di Dio"), è la particella che determina il modo in cui la materia possiede una massa; in altre parole se non ci fossero bosoni di Higgs nell'universo tutta la materia avrebbe massa nulla e sarebbero impossibili le aggregazioni di materia, per gravità che è proporzionale proprio alla massa, per formare stelle e pianeti e quant'altro.

Il meccanismo con cui il bosone di Higgs determina la massa delle particelle di materia è qualcosa di simile a come l'acqua del mare ad esempio determina la resistenza a fluire di vari oggetti: un idrodinamico siluro in questa analogia avrebbe una massa molto piccola, perché interagisce poco con la massa d'acqua circostante mentre ad esempio un autocarro avrebbe molte difficoltà a navigare sott'acqua perché ne sposterebbe talmente tanta da risultarne ostacolato e apparirebbe quindi "pesantissimo" da far avanzare. Così allo stesso modo le particelle che interagiscono poco con il bosone di Higgs risultano di massa piccola, mentre quelle che interagiscono parecchio con questo posseggono una massa elevata.

I bosoni di Higgs quindi determinano un campo (nell'accezione simile a quando si cerca il "campo elettromagnetico" per il telefonino) che permea tutto l'universo e che determina a sua volta la massa di tutta la materia.

A questo punto ci si può chiedere come mai venga data tanta enfasi a questa scoperta: ebbene, il bosone di Higgs era l'ultima delle 17 particelle che compongono il modello fisico attuale, il cosiddetto "Modello Standard", e l'averla individuata ne conferma la validità; questo spiega i vari miliardi di euro investiti nella sua ricerca. Inoltre studiando il bosone di Higgs, che non avevamo mai visto, e di come questo interagisca con le altre particelle, potremo avanzare la nostra conoscenza delle leggi della fisica e dell'Universo.


Approfondimenti:
Il Bosone di Higgs, Wikipedia

sferoscienza

martedì 31 agosto 2010

Ecco la vera Razza Pura: gli Africani

Dopo secoli di schiavitù, colonialismo, razzismo, luoghi comuni e deliri creazionistici, la Scienza finalmente scopre che se una Razza Pura di uomini esiste, allora questi sono gli Africani. Tutti gli altri, a cominciare dagli Europei, sono incrociati con l'Uomo di Neanderthal. 
Proseguendo nel percorso che negli ultimi anni sta velocemente forgiando la Consapevolezza Globale verso mete più elevate rispetto all'oscurantismo dei decenni passati, arriva la parola fine sulle teorie di superiorità della razza che tanti lutti addusse nel secolo scorso. Anche se ormai in ritardo per correggere gli eventi storici ed evidenziare la stupidità di persone e leggi, possediamo oggi uno strumento oggettivo per poter fugare gli eventuali scampoli di idiozia che talvolta capitano risorgere in alcuni focolai nostalgici di tempi più bui. E' capitato infatti che due distinti  team internazionali di ricerca, coordinati da Svante Paabo del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, Leipzig, Germania e da Edward Rubin del Department of Energy Joint Genome Institute in Walnut Creek, California, siano giunti concordi alla conclusione che per tutta la popolazione mondiale, escludendo gli Africani, sia avvenuto un mescolamento genetico tra i nostri progenitori ed i Neanderthal portando ad una eredità genetica che nei Sapiens extra-africani vede presente dall'1 al 4 per cento di contenuto neanderthaliano.
Affascinante storia, questa dei nostri cugini di Neanderthal, che alle pendici della preistoria conviveva con i nostri antenati. Combattendoli, commerciandovi, ed anche accoppiandosi. Alcune teorie vedono in questi parenti dei Sapiens l'origine di miti antichi come gli scandinavi Troll, che potrebbero essere nient'altro che l'ancestrale ricordo degli incontri avvenuti con gli uomini di Neanderthal; infatti che il mito dei Troll è presente in quelle aree di probabile convivenza fra Cro-Magnon, antenati dell'uomo moderno, e Neanderthal, e qualcuno si spinge a considerarli anche l'origine di miti di uomini forzuti come Ercole.
Ancora più interessante il fatto che è ormai riconosciuto che le fattezze di pelle chiara, di capelli biondi o rossi, siano appartenuti ai nostri antichi cugini, causati dall'adattamento ai climi freddi che nei Neanderthal avvenne molto prima che nei Sapiens; infatti i Neanderthal lasciarono il continente africano 300 mila anni fa contro i 60 - 40 mila anni dei Cro-Magnon. Non è questa però la prova degli avvenuti incroci; infatti pare che il biondismo si sia presentato nelle due razze anche per mutazioni genetiche differenti.
Resta il fatto che è ora possibile immaginare che l'estinzione dei Neanderthal sia stata in realtà una acquisizione, sia culturale che sociale, fondendo la genia con quella dei più popolosi e prolifici discendenti dell'uomo moderno. Genia che custodiamo ancora dentro di noi.

Approfondimenti:
Siamo tutti un pò neanderthaliani (Focus.it)
Troll (Inglese, New World Encyclopedia)

sferoscienza



mercoledì 27 gennaio 2010

Verso la civiltà energetica di Tipo 1

Ci stiamo avviando verso quella che gli scienziati considerano una civiltà in grado di liberarsi dai vincoli delle risorse energetiche?

Nel 1964 lo scienziato russo Nicolai Kardashev inventò una scala secondo la quale si possono classificare le civiltà senzienti secondo le loro capacità di approvviggionamento energetico: sono civiltà di tipo 1 quando queste sono in grado di controllare e utilizzare la totalità dell’energia del pianeta in cui vivono; il grado due è concesso quando possono attingere alla totalità dell’energia della loro stella e del sistema solare, il terzo grado parla di energia dell’intera galassia.
Secondo alcune stime la nostra, umana, è una civiltà di tipo 0 (non avendo ancora l’accesso alla totalità dell’energia del nostro pianeta) per la precisione saremmo di tipo 0,7; Il fisico teorico Michio Kaku ha calcolato che potremo raggiungere il tipo 1 non prima del 2200 (ed il tipo 2 dopo il 5000).
In effetti la Terra possederebbe una potenza energetica stimata dallo stesso Kardashev in quattromila miliardi di Watt; il fabbisogno energetico mondiale di una anno è attualmente di circa otto miliardi di Megawattora (MWh), contro la disponibilità secondo questa stima di Kardashev nell’ordine dei trecentomila miliardi di Megawattora.
Ma dove sarebbero immagazzinate queste quantità mostruose di energia? In quattro miliardi di anni la radiazione solare ha continuato ad accumulare risorse energetiche sulla terra in svariate forme delle quali le più comunemente utilizzata sono quella chimica (petrolio, metano, carbone, legna), ma anche l’energia potenziale gravitazionale (acqua nei laghi e nei bacini per le centrali idroelettriche), oppure l’energia nucleare di alcuni elementi (uranio).

Solo ultimamente abbiamo cominciato ad utilizzare altre forme di immagazzinamento della radiazione solare, come il moto dei venti, o la radiazione stessa con i pannelli fotovoltaici. Ma la maggior parte di questa energia è ancora non utilizzata: pensiamo ad esempio al totale movimento dell’aria con i venti ad alta quota, oppure della radiazione solare accumulata come calore negli oceani; per non parlare delle onde degli oceani ed alle maree, all’energia degli uragani, dei terremoti, delle eruzioni vulcaniche.
Energie spaventose ed immaginabili con i nostri criteri che non sappiamo ancora convogliare.
Pensiamo ad esempio all’energia nucleare potenzialmente utilizzabile tramite la fusione nucleare dell’idrogeno contenuto nell’acqua degli oceani (centrali a fusione nucleare, ancora in fase di studio). Oppure al calore immagazzinato sotto la superficie terrestre; in effetti stiamo vivendo sulla sottile crosta raffreddata di una fusione incandescente di roccia e metallo.
Nell’ultimo caso una proposta realizzabile è quella di pompare acqua per decine di chilometri nel sottosuolo per farla riscaldare e poi utilizzarla come energia geotermica artificiale: avremmo a disposizione una forma di energia pulita e praticamente illimitata per i nostri fabbisogni.
Un giorno del ventiquattresimo secolo ci sveglieremo, e guardando il sole sorgere penseremo a come poter accedere direttamente a tutta la sua potenza per i nostri scopi, e ci scopriremo già nell’alba di una civiltà in cammino verso il tipo 2.

approfondimenti:
Scala di Kardashev (Wikipedia)
Geotermia artificiale (MIT, in inglese)

sferotecnologia

martedì 25 settembre 2007

L'universo a forma di broccolo


Dicono sia una delle scoperte più importanti della storia della scienza, e senz'altro è una delle più conturbanti, quella effettuata tramite una dimostrazione matematica. Ogni volta che siamo di fronte ad una scelta, in realtà le facciamo tutte, ognuna in un universo differente.

Tante storie tanti universi
L'affascinante ipotesi degli universi paralleli sembra essere stata confermata matematicamente nel 2007 da un gruppo di ricerca di Oxford. L'ipotesi del Multiverso risale agli anni 50 da parte del fisico Hugh Everett e nacque come possibile soluzione di alcune bizzarrie quantistiche. Il nostro universo non sarebbe il solo, ma ne esisterebbero infiniti, ognuno dei quali contraddistinto da una scelta particolare. Funziona così: ogni volta che si presenta una scelta tra due opzioni, in realtà vengono realizzate entrambe, e ognuna delle opzioni si realizzerà in uno dei due universi diramati da quello precedente. Un comportamento analogo a quello già sperimentato con i fotoni, che dovendo scegliere due percorsi in realtà li percorrono entrambi contemporaneamente (auto interferenza); come il fotone anche l'universo appare sdoppiarsi dando vita a due futuri diversi. Di conseguenza, quando si presentano più scelte, tutte le opzioni vengono prese e ognuna di loro farà conseguire un futuro particolare.

Tutte le scelte di Neo
Una elegante citazione di questa teoria è presente alla fine del film Matrix Revolution, quando Neo, di fronte all'Architetto, vede la sua immagine moltiplicata nei molteplici schermi delle pareti, in ognuno dei quali vede se stesso compiere una scelta differente tra tutte le scelte possibili. Ad esempio in uno schermo si vede ridere, in un altro arrabbiare, in un altro piangere, e così via fino a completare tutte le opzioni esistenti fino anche alle più improbabili. Nella realtà, ognuno di quelle scelte avrebbero diramato un universo ed un futuro preciso. Questo significa che ogni volta che vi sarete pentiti di non aver fatto una scelta, in un qualche universo si sarà diramato un futuro nel quale quella decisione, in effetti, la avrete presa. Oppure quando avete rischiato un incidente, allora vi sarà anche un universo in cui voi non siete sopravvissuti. E tutto questo, mi viene da pensare, sarà solo per gli universi più "prossimi" al presente attuale, mentre i più remoti vedranno ormai diramate storie completamente diverse da quella studiata nei libri, e altri uomini e altre donne, o nessun uomo e nessuna donna, e chissà cos'altro al posto nostro.

Che c'entra il broccolo
Mi sembra allora più opportuno chiamare tutti questi universi, più che paralleli, universi divergenti, e lo schema di ogni porzione del multiverso (ossia dell'insieme di tutti gli universi) dovrebbe apparire simile a quella di un broccolo: miriadi di diramazioni a partire da un'unica radice.
Il gruppo di ricerca guidato dal Prof. David Deutsch ha provato matematicamente che un multiverso così configurato è necessario per derivare le equazioni della meccanica quantistica che già conosciamo. Infatti abbiamo ormai cominciato da tempo ad accettare la natura probabilistica della realtà: in pratica la fisica quantistica descrive che l'esistenza di un evento viene "congelata", ovvero definita, in un particolare stato solo nel momento in cui questo evento viene osservato, mentre mancando l'osservazione l'evento stesso esiste in potenza in tutte le configurazioni possibili e contemporaneamente (la funzione d'onda dell'evento descrive le probabilità di ogni evenienza, e collassa con l'osservazione in una delle configurazioni). Così l'universo presente appare tale solo per l'osservazione che produciamo, mentre altri osservatori in universi ormai alieni stanno definendo storie e futuri differenti.

Creatori di universi o viandanti di un multiverso?
Quando un fotone collassa in una posizione piuttosto che un altra, quando decidiamo di dormire piuttosto che alzarci presto alla mattina, allora i due universi che si diramano sono creati dalla scelta oppure si tratta di preferire un percorso già tracciato come ad un bivio? Nel primo caso ogni nostro vezzo crea intere nuove realtà, nell'altro tutti i Futuri possibili già esistono, ed a ogni bivio ci moltiplichiamo per percorrere storie diverse. In ogni caso, a pensarci bene, se esistono contemporaneamente tutte le possibilità allora, in fondo, abbiamo a disposizione tutte le possibilità; si tratta solo di cercare la felicità nel ramo del multiverso che ci piace di più.

Approfondimenti:
Multiverso (wikipedia)

venerdì 31 agosto 2007

S. Tommaso, Dio o l'Energia Quantistica del Vuoto


E' interessante rivisitare in chiave moderna le Cinque Prove dell'Esistenza di Dio postulate da S. Tommaso d'Aquino, riscritte in termini attuali, sostituendo all'idea di Dio quella quantistica di "Energia del vuoto".
Infatti l'Energia del Vuoto provoca fluttuazioni quantistiche in grado di creare materia dal proverbiale nulla, e si presta molto bene a questo "esperimento":

Prima prova (Ex Motu): Ogni oggetto che si muove lo fa perchè mosso da qualcos'altro, quindi deve esserci un motore primo che sia stato, da fermo, capace di iniziare il movimento alle cose. Infatti procedendo a ritroso a motori sempre precedenti, sarebbe come dire che non ci sia mai stato un qualcosa che fosse già in movimento senza essere stato mosso da qualcosa precedentemente in moto, e quindi senza questo prima anello della catena sarebbero impossibili i movimenti successivi, che però vediamo esistere: QuestoMotore Primo, non mosso da altri motori precedenti, deve allora esserci effettivamente stato e lo chiamiamo Dio Energia del Vuoto.

Seconda prova (Ex Causa): Ogni effetto è il risultato di una causa che lo ha generato, essendo però anch'essa l'effetto di una causa precedente; non essendoci causa non ci sarebbe l'effetto, e procedendo all'infinito all'indietro equivarrebbe ad eliminare la prima causa e quindi tutti gli effetti a seguire. Ma dato che noi vediamo continuamente cause ed effetti, ci deve essere stata quella causa originale che ha fatto scaturire tutta la catena seguente: questa causa, non effetto di cause precedenti, la chiamiamo Dio Energia del Vuoto.

Terza prova (Ex Contingentia): Ogni cosa esistente è contraddistinta da un inizio e da un termine; questo termine sarà l'inizio di cose nuove, anch'esse destinate a finire. Quindi ogni cosa esistente, essendo temporanea (contingente) avrà avuto bisogno di cose che esistevano prima di questa, e dato che non è possibile procedere all'infinito a ritroso, perchè altrimenti si escluderebbe la cosa che esisteva all'inizio e quindi tutte le successive, questa cosa che esisteva all'inizio, senza cose precedenti, la chiamiamo Dio Energia del Vuoto.

Quarta prova (Ex Gradu): Siamo consapevoli dell'esistenza di vari gradi di perfezione nel mondo; ma possiamo accorgercene solo perchè possiamo fare dei confronti tra cose che posseggono meno perfezione e cose che ne posseggono maggiormente: ora, se esiste una scala della perfezione deve esserci anche il 100% di perfezione, e questo 100% lo chiamiamo Dio Energia del Vuoto.

Quinta prova (Ex Fine): Alcuni oggetti inanimati, come una freccia lanciata verso un bersaglio, posseggono un fine (il bersaglio) che non gli appartiene, ma imposto da una intelligenza superiore (l'arciere). Quindi deve esserci stata una entità cosciente iniziale, non essendo possibile procedere a ritroso all'infinito pena l'eliminazione di essa e di tutti i fini successivi, che ha impostato il fine di tutte le cose esistenti e che chiamiamo Dio Energia del Vuoto.


Approfondimenti:
La materia primordiale dell'universo, il Big Bang da una fluttuazione quantistica del vuoto
Energia del Vuoto, Wikipedia

“In principio era il vuoto: e dal vuoto, per una debole
fluttuazione quantistica é emerso con il lacerante
scoppio del big bang, l'universo, la materia,
il tempo, lo spazio”
(Albert Einstein)


sferoscienza

martedì 26 giugno 2007

Figli di una galassia minore

Una recente teoria, allo stesso tempo suggestiva e angosciante, ipotizza che il nostro sistema solare, Terra compresa, non appartenga alla Via Lattea come da tempo ormai abbiamo imparato a conoscere bensì a questo strano ammasso di stelle, diecimila volte più piccolo della prima, chiamato Galassia Ellittica Nana del Sagittario. L'entità celeste in questione è una galassia ellittica che gli scienziati conoscono essere sotto l'influenza gravitazionale della Via Lattea, e che si sta letteralemte sfilacciando fagocitata dalla ingombrante vicina. In uno di questi filamenti ci troveremmo dentro noi, catturati ormai nel piano dell'ellittica della Via Lattea ma generati quindi nel seno di un altra madre. Le osservazioni sulle quali nasce l'ipotesi si basa sull'angolo che il nostro sole compirebbe intorno alla spirale maggiore, differente da quello delle stelle intorno e che quindi sarebbe dovuto ad una direzione iniziale differente, cioè all'orbita polare che l'altra galassia sta compiendo intorno alla Via Lattea (come nella simulazione qui accanto). In definitiva la Terra ed il sistema solare avrebbero avuto origine nella Nana Ellittica del Sagittario (se si dimostrerà vera la teoria propongo di trovare un nome nuovo un pò più rispettoso...), e quando questa ha iniziato a collidere con la Via Lattea volteggiandole intorno, pezzi di filamenti stellari sono rimasti inglobati nella galassia maggiore. Nell'articolo si spingono anche a proporre spiegazioni per una energia solare in eccesso dovuta allo strano moto del sole all'interno della Via Lattea, che porterebbe ad instabilità periodiche come quella che sta contribuendo al riscaldamento globale, ed alla presenza di vita sulla Terra che sarebbe stata favorita proprio dalle condizioni particolari che favoriscono la disponibilità di carbonio, mattone fondamentale per la chimica organica ed il DNA. Tutto questo non ci cambierebbe molto, umanamente parlando, dato che la collisione avviene nell'arco di milioni di anni, forse miliardi, ma ci sposta ancora più dal centro dell'Universo dove eravamo prima della Rivoluzione Copernicana, e ci pone in una posizione precaria, orfani di madre e in un'orbita non ancora ben definita. Ma dopo che la realtà non esiste più, perdere anche una legittima maternità non dovrebbe essere un colpo troppo duro da sopportare.

Approfondimenti:
Il nostro sole è di un altra galassia?, Bad Astronomy
Università della Virginia:

La nostra galassia è un cannibale (in inglese, fonte della foto piccola)
Steven R. Majewski (in inglese, autore dello studio sulla Nana del Sagittario)


sferoscienza

Modificato il 30/06/07 da bandolero

giovedì 7 giugno 2007

Il telefono subspaziale


I fenomeni esotici ottenibili nel campo della fisica quantistica posseggono molte applicazioni tecnologiche interessanti, alcune di utilizzo comune come alcuni tipi di componenti elettronici, altre in fase di studio come i computer quantistici, ed alcune solo teorizzate, come i viaggi nel tempo. Un'applicazione teorica dei principi quantistici è un ipotetico "Telefono subspaziale", un apparecchio che comunica a velocità superiore a quella della luce; infatti, una macchina teorica composta da un ricevitore e da un trasmettitore, entrambi contenenti uno di due fotoni accoppiati (abbiamo già parlato di fotoni entangled), la prima in grado di scrivere almeno due stati fondamentali 1 e 0 sul fotone (in realtà un qubit può avere più di due stati fondamentali) e l'altra di leggere la variazione istantanea del secondo fotone, sarebbe in grado di instaurare una comunicazione immediata a qualunque distanza queste vengano portate. Il "cavo" di trasmissione sarebbe sostituito da un canale informativo molto più veloce delle onde radio, più veloce quindi della luce, talmente veloce da essere istantaneo a qualsiasi distanza nell'universo. Di qui a passare al telefono subspaziale nascono degli ostacoli tecnici per ora insormontabili (dove lo metto un fotone?), ma una macchina del genere è senz'altro realizzabile secondo le leggi della fisica. Un apparecchio del genere avrebbe anche un'altra, importante, caratteristica: realizzerebbe la comunicazione più sicura che si possa immaginare; infatti l'unico modo di poter intercettare la conversazione sarebbe quello entrare in possesso dell'apparecchio ricevente, ossia di possedere il fotone accoppiato con quello del trasmettitore. Anche se può sembrare un racconto di fantascienza, comunicazioni alternative alle onde radio che utilizzano principi quantistici sono in fase di studio molto avanzati: un esperimento effettuato da scienziati dell'ESA nei laboratori alla Canarie, hanno instaurato una comunicazione quantistica su una distanza di 147 Km, riuscendo a trasferire una informazione trasportandola attraverso dei fotoni che la conservano non in base all'energia posseduta (come avviene con le comunicazioni radio) ma in base allo stato quantico in cui si trovano; è solo il primo passo verso il telefono subspaziale, ma da qualche parte bisogna pur cominciare ed i fan di Star Trek già sono in fermento.

Approfondimenti:
Il teletrasporto in laboratorio, articolo del CICAP
Entanglement, Wikipedia

sferoscienza

domenica 13 maggio 2007

La realtà non esiste più


Che stavamo vivendo in un'epoca dove non possiamo concederci certezze, l'avevamo intuito, ma che la realtà che ci circonda è solo frutto della nostra mente, è ancora piuttosto destabilizzante. Eppure l'ultimo scossone alla "vecchia" idea che quello che vediamo è quello che è reale, è stato dato da un esperimento di un gruppo di ricerca viennese che indicherebbe, in soldoni, che la realtà come la conosciamo esiste solo nel momento che la stiamo osservando.
In effetti la ricerca sui fotoni accoppiati tramite "Entanglement", ossia legati da una particolare relazione quantistica, da diversi anni produce situazioni che alla luce della sola meccanica o delle nostre intuizioni risultano paradossi. In pratica, se prendiamo due particelle accoppiate nel senso di cui abbiamo parlato prima e le portiamo anche a distanze molto grandi tra loro, ogni variazione che effettueremo su una di esse (velocità, rotazione ecc.) produrrà la medesima istantanea variazione anche sull'altra; istantanea significa che l'informazione della variazione è trasferita in un tempo nullo all'altra particella senza contare quanto distante essa sia dalla prima (anche in un altra galassia, o dall'altra parte dell'universo). Questo naturalmente contraddice la legge della relatività secondo la quale nessuna informazione possa viaggiare a velocità superiori della luce, e lascia solo due interpretazioni: o l'informazione è trasmessa in un modo che non conosciamo ma che rispetta sempre la teoria della relatività, o le due particelle sono connesse non-localmente (ossia "si toccano" anche se sono separate da milioni di chilometri).
L'esperimento viennese esclude la prima ipotesi, o meglio esclude che ci siano variabili nascoste che possano far sì che l'informazione sia trasmessa rispettando la teoria della relatività, ma non solo: indicherebbe che la connessione non-locale da sola non sia sufficiente a spiegare il comportamento osservato, ma occorrerebbe anche abbandonare certe caratteristiche intuitive della realtà, come quella che la realtà continui ad esistere quando non è osservata.
In altre parole, la realtà che vediamo esiste solo perché la stiamo osservando. In altre ancora, è la nostra mente che crea la realtà che vediamo; concetto questo caro alle teorie dell'universo olografico di Michael Talbot, un modello scientifico che riesce a spiegare molti fenomeni che altrimenti sarebbero paradossi nei modelli classici, e che fornisce basi scientifiche ad alcune forme di misticismo. Questa affascinante teoria ci proietta in un universo dove all'intelligenza umana viene assegnata una collocazione creativa, e dove il concetto di realtà è sostituito da quello di pensiero.
Nulla di nuovo sotto il sole, se Aristotele descriveva Dio come "Pensiero di pensiero".


Approfondimenti:
Il segreto dell'Universo, Fabrizio Coppola
L'universo come un ologramma, Michael Talbot (in inglese)

sferoscienza