sabato 22 ottobre 2005
Storie del Club (estratto)
Che cos’è l’amore
È impossibile descrivere l’amore a qualcuno che non lo ha mai provato; è per questo che il più grande poeta del mondo non commuove il cuore arido.
Per questo non è possibile descrivere che cos’è l’amore, ma solo gli effetti che questo provoca sulla persona che ne è caduta vittima. Si può tuttavia tentare di dare una spiegazione, all’amore, ossia ricercarne le motivazioni e capirne il senso. Io non conosco ne le une ne l’altro, ma posso provare a fare alcune ipotesi.
Ipotesi numero uno: l’amore è una configurazione ormonale che tende a premiare l’individuo tramite emissione di piacere quando il suo comportamento è utile alla buona proliferazione della specie, ed a punirlo quando invece da questo obiettivo si allontana.
Come commentare una proposta del genere; è squallida, vile, senza calore. Lontana dall’ideale nobile che il Romanticismo ci ha insegnato. Fa anche paura, perché è gelidamente realistica, per cui non mi soffermerei più di tanto su di essa e andrei oltre.
Ipotesi numero due: L’amore è l’incontro di due anime che escono rafforzate dalla loro unione.
Questa è la definizione d’amore che troviamo nei romanzetti rosa che si vendono in edicola, ed in effetti è una affermazione piacevole e rassicurante; però bisognerebbe per lo meno credere nell’esistenza dell’anima prima, e dell’amore poi. Io non sono ateo, ma ho dei dubbi a pensare che per credere nell’amore devo anche credere nei precetti cattolici e in tutto il resto di conseguenza. Però la semplicità disarmante con la quale è formulata racchiude la speranza che essa si avvicini alla verità che è custodita dentro di noi.
Ipotesi numero tre: L’amore è il riconoscimento della persona con cui il nostro io si completa.
Per spiegare questa frase bisognerebbe aver studiato bene la psicologia o la filosofia, cosa che io no ho assolutamente fatto; però si potrebbe pensare che la sensazione di benessere che si prova quando sei con la persona che si ama sia in realtà l’euforia della consapevolezza di essere meno imperfetti.
Occorre costruire un modello che ci permetta di poter discernere quale delle tre affermazioni sia quella esatta, a partire dalle esperienze e dall’osservazione.
Ad esempio non ci si innamora di qualsiasi persona, ma solamente di molte poche; questo potrebbe significare che debbono essere rispettate delle condizioni particolari nell’altro individuo, ma anche che queste condizioni potrebbero dipendere dal tempo e dal sistema in cui ci si trova.
Non ho capito, inoltre, se esista o no una misura dell’innamoramento, ossia se ci si possa innamorare di un valore sei una volta, e magari di un valore otto quella successiva; la diversità dei caratteri renderebbe impossibile comunque la definizione di una scala assoluta dell’amore. Sembra però che una situazione simile a questa sia stata presa in considerazione nel linguaggio comune con il conio di termini del tipo: “infatuazione”, “cotta”, “amore innocente”, “amore vero”, “amore passionale”, “amore spirituale”; che se non sono sufficienti a definire una scala dei valori per lo meno tradiscono una differenziazione.
Un’altra questione è se l’amore abbia una durata o meno, se sia finito od infinito nel tempo. Nella società consumistica in cui siamo immersi, dove tutto nasce, si consuma e si ricompra, parrebbe prevalere l’opinione della finitezza, ma potrei proporre un’alternativa dove l’amore rimane invariato ed a cambiare siano le persone. Mettiamo il caso che io mi innamori di una certa ragazza ad un momento A. Il tempo, si sa, mostra nei cambiamenti nei caratteri delle persone, perché queste o vengono a conoscenza di cose nuove, o sono sottoposte ad esperienze che cambiano la situazione in cui si trovavano prima. Quindi io potrei rimanere innamorato della ragazza che avevo conosciuto nel momento A, e non riconoscerla in quella che trovo nel momento B. Rimarrei innamorato quindi di una persona che in realtà non esiste più, e mi accorgerei di non volere più stare accanto a quella che mi trovo vicino.
Un’ultima ulteriore osservazione potrebbe essere che nelle questioni d’amore non è rispettata la biunicità delle relazioni, cioè l’amore non è sempre, purtroppo, reciproco.
Andiamo a vedere come le diverse definizioni di amore che ho proposto si adattino alle osservazioni oggettive.
Quella della configurazione ormonale va bene con la specificità degli individui, perché a livello istintivo posso percepire alcune caratteristiche come favorevoli al successo della riproduzione; va bene con la misura dell’amore, perché persone diverse possono avere più o meno di queste caratteristiche; va bene con la durata dell’amore nel tempo, perché sempre queste caratteristiche possono perdurare o variare. Va bene infine con la non reciprocità, perché io posso essere non adatto alla riproduzione e conoscere qualcuno che di contro sia molto adatto.
La definizione che considera l’incontro di due anime si adatta meno alla specificità, ma solo perché nessuno in realtà ha mai visto un’anima e sa se ha delle caratteristiche che la distinguono da un’altra; per quanto riguarda la misura e la durata, essendo l’anima per definizione eterna ed immutabile, non sembra aderire alla situazione, e per la non reciprocità almeno a livello intuitivo suona veramente male. Ma in fondo sappiamo troppo poco delle anime per trarne delle conclusioni.
Il completamento dell’io risponde evidentemente bene alle tre osservazioni quando consideriamo la condizione della mutabilità delle persone, mentre fallisce nella non reciprocità, infatti se il completamento di una quantità x (ad esempio un terzo) è una quantità y (che sarebbe due terzi), allora x deve essere il completamento di y, e in nessun caso y dovrebbe fuggire con z lasciando x solo con i figli.
Il risultato di questa analisi, naturalmente, è indefinito per mancanza di informazioni, oppure noi siamo solo animali governati dall’ordine di riprodurci.
Le persone rispetto all’amore si dividono in tre categorie: quelli che non si innamorano mai, quelli che si innamorano ogni tanto e quelli che sono sempre innamorati.
I primi sono i più felici, perché possono scegliere di costruire la loro vita nel senso che la loro ragione indica loro, non si lasceranno mai distogliere da un paio di begl’occhi o da un grazioso seno o da un’avventura se non ne vedono una convenienza concreta, ed in questo modo riescono a portare a termine i loro progetti meglio degli altri.
I secondi, quelli che si innamorano ogni tanto, credono di essere i più felici, perché costruiscono la loro vita durante il periodo in cui non c’è nessuno nei loro cuori, e poi aspettano che qualcuno noti il loro bel nido e vi deponga le uova.
Gli ultimi, quelli che sono sempre innamorati, agli occhi degli altri sembrano essere i più felici, perché non c’è momento in cui non pensino al loro amore, e di continuo ne descrivono le grazie e le virtù, e appare anche che i problemi del mondo non possano minimamente incrinare la gioia che si portano dentro. Tra queste persone mi colloco anche io. Raramente gli altri si accorgono di quanto irrimediabilmente profondo sia il pozzo che c’è in fondo al nostro cuore, un baratro così grande che quasi nessuno riesce a colmare, ma solo ad alleviare.
Il problema è che io sono sempre innamorato anche quando non so di chi.
Ho anche pensato che potrei essermi innamorato una volta, una volta sola di un amore grande ed infinito, di aver conosciuto l’altra metà di me stesso che so, magari all’asilo o mentre giocavo da bambino nel cortile delle elementari, oppure addirittura in una vita precedente, di un amore così grande che non si sarebbe assopito mai, solamente che poi ho dimenticato chi fosse la persona a cui avevo donato la mia anima.
O ancora forse sono solo innamorato di una ragazza che devo ancora incontrare.
Quindi potrebbe anche essere Chiara, visto che ormai non riesco più a non pensare a lei. È inutile continuare a immaginare telefonate virtuali e sviluppi improbabili, meglio portare nella dimensione reale qualche elemento. Adesso la chiamo.
- Mi dispiace per essermi comportato in quel modo. Sono uno stupido.
Il telefono rimane muto per qualche secondo, poi Chiara mi dice che questo lo aveva già capito.
-Voglio rivederti. Ho voglia di parlare con te – le dico.
-Ci siamo già detti quello che c’era da dire.
-No non è vero, io non ti ho detto tutto, e neanche tu lo hai fatto. Abbiamo usato solamente frasi di circostanza.
Questa volta il silenzio del telefono è ancora più lungo, tanto che ad un certo punto mi chiedo se per caso non abbia già riattaccato, ma più probabilmente è rimasta interdetta dal fatto delle frasi di circostanza, magari condivide l'osservazione.
-Sei ancora lì? – le chiedo.
-Va bene.
-Va bene cosa?
-Vediamoci.
sferoracconti
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4 commenti:
Ciao. Volevo dirti che ti ho linkato su http://needfulthings.splinder.com/ . Diciamo che è un modo per tenere d'occhio i blogger umbri.
Ti segnalo inoltre l'iniziativa http://perugiaviva.splinder.com/, un modo per parlare dei pregi e dei difetti di Perugia e più in generale di tutta l'Umbria.
Fammi sapere se le due idee ti piacciono :)
...è squallida, vile, senza calore...
Ok, sono d'accordo, ma se fosse semplicemente vera?
E' difficile, quando si ragiona sulle cose, non farsi guidare da bisogni, speranze, ecc...
Se quello che si cerca è la verità pero si rischia di andare lontano, troppo lontano.
@anonimo:
Anzitutto ciao! Questo è un capitolo estratto da una storia più ampia, e non ancora terminata. Il protagonista vive avendo il sentore che al di fuori della sua quotidianità ci sia qualcosa di più profondo che però non riesce a comprendere; è per questo che, pur avendo coscienza della possibilità che l'amore si riduca a un mero problema riproduttivo, sorvola su questa ipotesi e si sofferma nella ricerca, per ora senza troppo successo, di ragioni più spirituali.
Ciao. Scusami, non avevo capito che era solo un pezzo di un racconto... avrei evitavo di commentare.
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