sabato 26 maggio 2007

Corna in ufficio, allattami o ti denuncio

Un problema che accomuna tutto il mondo sembra essere la convivenza di uomini e donne nello stesso ufficio, ed è interessante andare a vedere come viene affrontato nelle diverse culture. Notizia che gira molto in rete è la fatwa egiziana in cui il capo della sezione “Diritto Islamico” della moschea al Azhar del Cairo - il punto di riferimento più autorevole dell’Islam Sunnita - prescrive ai propri fedeli di superare il problema permettendo ai colleghi di ufficio uomini di bere, cinque volte al dì, del latte della collega donna. E non è una provocazione, ma una prescrizione talmente seria da essere stata discussa dal parlamento egiziano, creando forti tensioni all'interno degli schieramenti. Meno noto è che d'altra parte, negli Stati Uniti, pare siano sempre più diffusi dei "Patti d'Amore", veri e propri contratti che impegnano gli interessati, protagonisti di relazioni amorose sui luoghi di lavoro, ad attenersi a clausole precise tese alla salvaguardia della produttività aziendale ed a evitare imbarazzi negli uffici e trai collaboratori. In tutti e due i casi è evidente lo sforzo di arginare, con gli strumenti che si hanno a disposizione, con le leggi e con i contratti, la potenzialmente distruttiva energia delle passioni umane, il motore più potente che governa tra l'altro la sopravvivenza della specie.
Nel caso della soluzione islamica il principio è basato su un racconto presente nel Corano; Maometto suggerisce ad una donna, che si stava lamentando per la presenza nella casa di uno schiavo appena uscito dalla pubertà e che le creava fastidi pruriginosi, di allattarlo cinque volte al giorno con il proprio latte (pare da una ciotola) in modo tale che le pulsioni fisiche si trasformassero in affetto materno, e che quindi si fosse scongiurata ogni altra eventuale tensione. Il successo ottenuto nel sacro racconto ha spinto Izzat Attia, capo giurista islamico, a firmare la fatwa che vorrebbe tramutare in incesto (e quindi tabù) ogni rapporto sessuale del collega con la donna che gli fornisse il latte del proprio seno (solo se cinque volte al giorno però). Come se Il Creatore, volendolo impegnare in simili noiose cronachette rosa, considerasse nei suoi giudizi anche di questi cavilli legali e procedurali. Il fatto che personaggi che hanno influenza su milioni di persone possano produrre questi concetti, è indice di come questa gente sia ancora nel loro medioevo, e non pone limite alle assurdità che potrebbero proclamare in futuro, o che avranno già proclamato in passato, con conseguenze meno ridicole di capiufficio attaccati al seno della segretaria. Non che le soluzioni statunitensi appaiono più serie, chissà come potrebbero regolamentare le prestazioni sessuali della stessa segretaria in vista dell'ottenimento di premi di produzione.

Approfondimenti:
Fatwa

sferoattualità

mercoledì 23 maggio 2007

Una giungla nella stazione

In Spagna si respira un’aria di ricerca architettonica che da noi non possiamo immaginare di permetterci; ultimamente la stazione di Atocha di Madrid, grazie al progetto dell’Architetto Rafael Moneo si è trasformata in una Giungla tropicale con 4000 mq di vegetazione, all’interno della quale i viaggiatori trovano in ambiente insolito e piacevole nell’attesa del prossimo treno. Il vecchio edificio della storica stazione si è tramutato in un giardino botanico umido, creando un microambiente salubre e piacevole in un edificio normalmente esposto a polveri sottili e fumi provenienti dal transito ferroviario. Rilanciata da Blogeko, la notizia rafforza l’idea di una architettura funzionale, dove gli elementi sono parti utili e fruibili, contrapposta all’architettura monumentale che invece è fine alla celebrazione di se stessa. Un ottimo esempio di come l’architettura dovrebbe abbandonare l’abuso di calcestruzzo e di vetrate perpetrato in Italia dai nipoti neolaureati degli assessori comunali, per dedicarsi a creare spazi che migliorino effettivamente la qualità della vita. Non che in Spagna siano scevri da questi abomini: l'architetto Santiagio Calatrava è artefice del centro espositivo di Valencia "La città dell'arte e delle scienze", esempio di come produrre opere al di fuori di ogni dimensione umana, atterrendo il visitatore con strutture ciclopiche e ripetitive più utili a proiettarlo in una trance depersonalizzante che a rendere piacevole la visita al Museo della Scienza. Meno conosciuto in Italia, sempre di Moneo, il Kursaal della città di San Sebastiàn (Donostia in lingua basca), che con linee squadrate completa in modo interessante e questa volta mai fastidioso il panorama di quella che è una delle cinque baie più belle del mondo, contribuendo con luminosità calde a rendere magiche le notti basche.

Aggiornamento 08/07/2007: Wikipedia italiana, nel link riportato sotto, attribuiva il Museo della scienza di Valencia a Moneo, mentre in realtà è un'opera di Santiago Calatrava. Il Museo della Scienza di Moneo si trova a Valladolid, ho proposto la correzione nella pagina italiana di Wikipedia.

Approfondimenti:
Rafael Moneo

sferoattualità

mercoledì 16 maggio 2007

Le notizie più censurate del 2007


Su projectcensored.org, interessante sito che si occupa di "criptonotizie", passano in rassegna le notizie che secondo la loro classifica sarebbero state ignorate da tutti i mass media, e che quindi avrebbero subito una forma di censura; riporto i titoli delle prime 10:

1) Il dibattito sul futuro di Internet è stato ignorato dai media
2) La compagnia americana Halliburton avrebbe venduto tecnologie nucleari all'Iran
3) Gli oceani del mondo sono in estremo pericolo
4) I poveri ed i senzacasa stanno aumentando negli USA
5) Genocidio Hi-Tech in Congo
6) La protezione federale per chi denuncia comportamenti illegali negli uffici pubblici americani, è sempre più lacunosa
7) Personale statunitense avrebbe torturato dei detenuti in Iraq fino alla morte
8) Il Pentagono ha guadagnato l'immunità dal sistema con cui organizzazioni non governative, giornalisti e privati possono accedere negli USA a documenti pubblici e di controllo dell'operato.
9) La Banca Mondiale finanzierebbe il muro che gli Israeliani stanno costruendo al confine della Palestina
10) Gli Stati Uniti vorrebbero portare via truppe dall'Iraq aumentando però i ben più letali bombardamenti aerei

Per la lista completa, le fonti e gli approfondimenti, qui.

Sarebbe simpatico stilare una lista analoga riferita all'Italia, e una criptonotizia la riporto direttamente io:
Il 16 Aprile 2007 Beppe Grillo ha parlato, su delega di migliaia di azionisti e pur non avendo potuto rappresentarli ufficialmente per una opposizione della CONSOB, all'assemblea degli azionisti Telecom Italia, rivolgendo parole di fuoco contro il Consiglio di Amministrazione e suscitando gli applausi entusiasti della platea. I media quel giorno ed i successivi hanno evitato di riportare la notizia nei principali telegiornali (pur concedendo ampio spazio all'assemblea Telecom), o riportandola in modo frammentario o con l'intervento di Beppe Grillo tagliato nei punti più spinosi (leggi: cognomi e accuse).
In ogni caso potete approfondire per mezzo della Rete e del blog più popolare d'Italia, seguendo il banner qui a lato. Se avete altre "criptonotizie italiane" inviatemele, magari ne avremo tante da farne una classifica anche noi.

sferoattualità

domenica 13 maggio 2007

La realtà non esiste più


Che stavamo vivendo in un'epoca dove non possiamo concederci certezze, l'avevamo intuito, ma che la realtà che ci circonda è solo frutto della nostra mente, è ancora piuttosto destabilizzante. Eppure l'ultimo scossone alla "vecchia" idea che quello che vediamo è quello che è reale, è stato dato da un esperimento di un gruppo di ricerca viennese che indicherebbe, in soldoni, che la realtà come la conosciamo esiste solo nel momento che la stiamo osservando.
In effetti la ricerca sui fotoni accoppiati tramite "Entanglement", ossia legati da una particolare relazione quantistica, da diversi anni produce situazioni che alla luce della sola meccanica o delle nostre intuizioni risultano paradossi. In pratica, se prendiamo due particelle accoppiate nel senso di cui abbiamo parlato prima e le portiamo anche a distanze molto grandi tra loro, ogni variazione che effettueremo su una di esse (velocità, rotazione ecc.) produrrà la medesima istantanea variazione anche sull'altra; istantanea significa che l'informazione della variazione è trasferita in un tempo nullo all'altra particella senza contare quanto distante essa sia dalla prima (anche in un altra galassia, o dall'altra parte dell'universo). Questo naturalmente contraddice la legge della relatività secondo la quale nessuna informazione possa viaggiare a velocità superiori della luce, e lascia solo due interpretazioni: o l'informazione è trasmessa in un modo che non conosciamo ma che rispetta sempre la teoria della relatività, o le due particelle sono connesse non-localmente (ossia "si toccano" anche se sono separate da milioni di chilometri).
L'esperimento viennese esclude la prima ipotesi, o meglio esclude che ci siano variabili nascoste che possano far sì che l'informazione sia trasmessa rispettando la teoria della relatività, ma non solo: indicherebbe che la connessione non-locale da sola non sia sufficiente a spiegare il comportamento osservato, ma occorrerebbe anche abbandonare certe caratteristiche intuitive della realtà, come quella che la realtà continui ad esistere quando non è osservata.
In altre parole, la realtà che vediamo esiste solo perché la stiamo osservando. In altre ancora, è la nostra mente che crea la realtà che vediamo; concetto questo caro alle teorie dell'universo olografico di Michael Talbot, un modello scientifico che riesce a spiegare molti fenomeni che altrimenti sarebbero paradossi nei modelli classici, e che fornisce basi scientifiche ad alcune forme di misticismo. Questa affascinante teoria ci proietta in un universo dove all'intelligenza umana viene assegnata una collocazione creativa, e dove il concetto di realtà è sostituito da quello di pensiero.
Nulla di nuovo sotto il sole, se Aristotele descriveva Dio come "Pensiero di pensiero".


Approfondimenti:
Il segreto dell'Universo, Fabrizio Coppola
L'universo come un ologramma, Michael Talbot (in inglese)

sferoscienza

martedì 12 settembre 2006

quello che rimane sulla spiaggia dell'11 settembre


Passato lo tsunami emozionale del quinto nine eleven, l'onda lascia sul campo dopo la lunga ritirata detriti maleodoranti e taglienti. Ci si ripete da più parti che il mondo è cambiato, che quel'11 settembre di cinque anni fa è stato un punta di svolta per la storia e che anche la nostra visione del mondo non è più quella di prima; ma seguendo i notiziari e leggendo i giornali non si respirano atmosfere diverse dai tempi in cui le twin towers ancora si ergevano, i fanatismi non sono nati quel giorno, le guerre neanche, le rivendicazioni, i rapimenti, i kamikaze, i diritti negati, i soprusi dei più forti, i mercati pilotati, gli interessi di pochi e le sofferenze di molti non sono figli dell'11 settembre. Guardando bene quello che è cambiato è nient'altro che un atteggiamento, l'atteggiamento di chi raggiunge il consenso per procedere all'affermazione cruenta di quello che nel discorso alla nazione Bush stesso ha definito il proteggere lo stile di vita occidentale.
Ma quello che spaventa di più, è che Bush è sincero. Lo stile di vita occidentale è basato sul petrolio, che nel gioco beffardo del destino, oppure si potrebbe dire nel migliore dei sistemi di bilanciamento del potere (vi ricordate il gioco da bambini "uno taglia l'altro sceglie?"), è nelle mani di quella parte del mondo che guarda all'occidente con occhi alieni, lontani, diversi. Ed è vero che questa guerra, osteggiata da molti, voluta da pochi, pianta da tutti, è la guerra che da sempre l'occidente combatte contro tutto quello che è fuori di sè; Brenno che saccheggia Roma ne è affascinato dalla potenza e dalla cultura, dallo stile di vita, e noi di questo siamo terrorizzati: la nostra coscienza storica, atavica, teme il barbarus che ci toglie l'oro di Roma perchè lo vuole per se. Quell'oro, che a guardar bene, di Roma non è avendolo depredato nelle provincie dell'impero.
Quant'è cambiato il mondo? O meglio, quanto poco il mondo è maturato, nei secula seculorum, da quel Romanus imperus che si poteva permettere anfiteatri e terme a spese dei popoli conquistati? Ma la domanda nascosta è un'altra, e precisamente: possiamo permetterci di perdere Roma? Siamo disposti a rinunciare anche a una sola parte del nostro benessere per far cessare immediatamente tutte le guerre?
La risposta è amara. Ed ha l'amarezza della considerazione che nel mondo protetto dal patto atlantico è fiorente il seme del progredire, della cultura libera e della libertà d'espressione. Non è la libertà romantica, ma è la migliore libertà possibile, perchè ci dà i mezzi, o la possibilità di guadagnarli, per scegliere, discriminante questa che ci fa essere padroni della nostra vita.
Cosa c'è fuori dai confini di Roma? Non più leones, ma culture che soffocano le donne, i liberi pensieri, la libertà di amare, di avere e di essere.
Ho conosciuto gente di tutto il mondo. Ho imparato che ogni singolo uomo di qualsiasi parte della terra, è proprio come me; pensa, desidera, agisce come me. Le stesse fantasie, la stessa ricerca della realizzazione, lo stesso bisogno di essere amati, la stesso piacere nel fare l'amore. La differenza è nella possibilità di espressione, che io ho, e che molti non posseggono se non nel privato dove si riscopre l'individuo. Ma è una espressione che non è bloccata dai governi o dai sacerdoti, bensì dalla formazione culturale che li rende allo stesso tempo vittime e partecipi dell'offesa perpretata alla lucentezza espressiva della libertà. Non possono scegliere perchè non vogliono scegliere.
Non possono vincere, invero, ma noi possiamo perdere. Chi ha combattuto Roma, prima l'ha distrutta, poi ne ha acquisito la cultura. I barbari sono finiti con Roma, perchè ne erano lo specchio. E quello che li unisce nell'odio, è quello che, mancando, vorrebbero, perchè dopo un traguardo si guarda avanti, e anche i popoli lo fanno. Che succederebbe se, all'improvviso, non avessero più un nemico da odiare? Magari guarderebbero che il loro malessere dipende anche da chi li governa non bene, da chi fa gli interessi di pochi al loro interno, da chi li controlla bruciando le bandiere del nemico. Magari vorrebbero essere felici su questa terra, prima che nel paradiso.
L'arma atomica della guerra che si sta combattendo si chiama cultura. Ma non sappiamo come poterla sganciare al di là di questo mare.

sferoattualità

sabato 22 ottobre 2005

Storie del Club (estratto)


Che cos’è l’amore

È impossibile descrivere l’amore a qualcuno che non lo ha mai provato; è per questo che il più grande poeta del mondo non commuove il cuore arido.
Per questo non è possibile descrivere che cos’è l’amore, ma solo gli effetti che questo provoca sulla persona che ne è caduta vittima. Si può tuttavia tentare di dare una spiegazione, all’amore, ossia ricercarne le motivazioni e capirne il senso. Io non conosco ne le une ne l’altro, ma posso provare a fare alcune ipotesi.
Ipotesi numero uno: l’amore è una configurazione ormonale che tende a premiare l’individuo tramite emissione di piacere quando il suo comportamento è utile alla buona proliferazione della specie, ed a punirlo quando invece da questo obiettivo si allontana.
Come commentare una proposta del genere; è squallida, vile, senza calore. Lontana dall’ideale nobile che il Romanticismo ci ha insegnato. Fa anche paura, perché è gelidamente realistica, per cui non mi soffermerei più di tanto su di essa e andrei oltre.
Ipotesi numero due: L’amore è l’incontro di due anime che escono rafforzate dalla loro unione.
Questa è la definizione d’amore che troviamo nei romanzetti rosa che si vendono in edicola, ed in effetti è una affermazione piacevole e rassicurante; però bisognerebbe per lo meno credere nell’esistenza dell’anima prima, e dell’amore poi. Io non sono ateo, ma ho dei dubbi a pensare che per credere nell’amore devo anche credere nei precetti cattolici e in tutto il resto di conseguenza. Però la semplicità disarmante con la quale è formulata racchiude la speranza che essa si avvicini alla verità che è custodita dentro di noi.
Ipotesi numero tre: L’amore è il riconoscimento della persona con cui il nostro io si completa.
Per spiegare questa frase bisognerebbe aver studiato bene la psicologia o la filosofia, cosa che io no ho assolutamente fatto; però si potrebbe pensare che la sensazione di benessere che si prova quando sei con la persona che si ama sia in realtà l’euforia della consapevolezza di essere meno imperfetti.
Occorre costruire un modello che ci permetta di poter discernere quale delle tre affermazioni sia quella esatta, a partire dalle esperienze e dall’osservazione.
Ad esempio non ci si innamora di qualsiasi persona, ma solamente di molte poche; questo potrebbe significare che debbono essere rispettate delle condizioni particolari nell’altro individuo, ma anche che queste condizioni potrebbero dipendere dal tempo e dal sistema in cui ci si trova.
Non ho capito, inoltre, se esista o no una misura dell’innamoramento, ossia se ci si possa innamorare di un valore sei una volta, e magari di un valore otto quella successiva; la diversità dei caratteri renderebbe impossibile comunque la definizione di una scala assoluta dell’amore. Sembra però che una situazione simile a questa sia stata presa in considerazione nel linguaggio comune con il conio di termini del tipo: “infatuazione”, “cotta”, “amore innocente”, “amore vero”, “amore passionale”, “amore spirituale”; che se non sono sufficienti a definire una scala dei valori per lo meno tradiscono una differenziazione.
Un’altra questione è se l’amore abbia una durata o meno, se sia finito od infinito nel tempo. Nella società consumistica in cui siamo immersi, dove tutto nasce, si consuma e si ricompra, parrebbe prevalere l’opinione della finitezza, ma potrei proporre un’alternativa dove l’amore rimane invariato ed a cambiare siano le persone. Mettiamo il caso che io mi innamori di una certa ragazza ad un momento A. Il tempo, si sa, mostra nei cambiamenti nei caratteri delle persone, perché queste o vengono a conoscenza di cose nuove, o sono sottoposte ad esperienze che cambiano la situazione in cui si trovavano prima. Quindi io potrei rimanere innamorato della ragazza che avevo conosciuto nel momento A, e non riconoscerla in quella che trovo nel momento B. Rimarrei innamorato quindi di una persona che in realtà non esiste più, e mi accorgerei di non volere più stare accanto a quella che mi trovo vicino.
Un’ultima ulteriore osservazione potrebbe essere che nelle questioni d’amore non è rispettata la biunicità delle relazioni, cioè l’amore non è sempre, purtroppo, reciproco.
Andiamo a vedere come le diverse definizioni di amore che ho proposto si adattino alle osservazioni oggettive.
Quella della configurazione ormonale va bene con la specificità degli individui, perché a livello istintivo posso percepire alcune caratteristiche come favorevoli al successo della riproduzione; va bene con la misura dell’amore, perché persone diverse possono avere più o meno di queste caratteristiche; va bene con la durata dell’amore nel tempo, perché sempre queste caratteristiche possono perdurare o variare. Va bene infine con la non reciprocità, perché io posso essere non adatto alla riproduzione e conoscere qualcuno che di contro sia molto adatto.
La definizione che considera l’incontro di due anime si adatta meno alla specificità, ma solo perché nessuno in realtà ha mai visto un’anima e sa se ha delle caratteristiche che la distinguono da un’altra; per quanto riguarda la misura e la durata, essendo l’anima per definizione eterna ed immutabile, non sembra aderire alla situazione, e per la non reciprocità almeno a livello intuitivo suona veramente male. Ma in fondo sappiamo troppo poco delle anime per trarne delle conclusioni.
Il completamento dell’io risponde evidentemente bene alle tre osservazioni quando consideriamo la condizione della mutabilità delle persone, mentre fallisce nella non reciprocità, infatti se il completamento di una quantità x (ad esempio un terzo) è una quantità y (che sarebbe due terzi), allora x deve essere il completamento di y, e in nessun caso y dovrebbe fuggire con z lasciando x solo con i figli.

Il risultato di questa analisi, naturalmente, è indefinito per mancanza di informazioni, oppure noi siamo solo animali governati dall’ordine di riprodurci.

Le persone rispetto all’amore si dividono in tre categorie: quelli che non si innamorano mai, quelli che si innamorano ogni tanto e quelli che sono sempre innamorati.
I primi sono i più felici, perché possono scegliere di costruire la loro vita nel senso che la loro ragione indica loro, non si lasceranno mai distogliere da un paio di begl’occhi o da un grazioso seno o da un’avventura se non ne vedono una convenienza concreta, ed in questo modo riescono a portare a termine i loro progetti meglio degli altri.
I secondi, quelli che si innamorano ogni tanto, credono di essere i più felici, perché costruiscono la loro vita durante il periodo in cui non c’è nessuno nei loro cuori, e poi aspettano che qualcuno noti il loro bel nido e vi deponga le uova.
Gli ultimi, quelli che sono sempre innamorati, agli occhi degli altri sembrano essere i più felici, perché non c’è momento in cui non pensino al loro amore, e di continuo ne descrivono le grazie e le virtù, e appare anche che i problemi del mondo non possano minimamente incrinare la gioia che si portano dentro. Tra queste persone mi colloco anche io. Raramente gli altri si accorgono di quanto irrimediabilmente profondo sia il pozzo che c’è in fondo al nostro cuore, un baratro così grande che quasi nessuno riesce a colmare, ma solo ad alleviare.
Il problema è che io sono sempre innamorato anche quando non so di chi.
Ho anche pensato che potrei essermi innamorato una volta, una volta sola di un amore grande ed infinito, di aver conosciuto l’altra metà di me stesso che so, magari all’asilo o mentre giocavo da bambino nel cortile delle elementari, oppure addirittura in una vita precedente, di un amore così grande che non si sarebbe assopito mai, solamente che poi ho dimenticato chi fosse la persona a cui avevo donato la mia anima.
O ancora forse sono solo innamorato di una ragazza che devo ancora incontrare.
Quindi potrebbe anche essere Chiara, visto che ormai non riesco più a non pensare a lei. È inutile continuare a immaginare telefonate virtuali e sviluppi improbabili, meglio portare nella dimensione reale qualche elemento. Adesso la chiamo.

- Mi dispiace per essermi comportato in quel modo. Sono uno stupido.
Il telefono rimane muto per qualche secondo, poi Chiara mi dice che questo lo aveva già capito.
-Voglio rivederti. Ho voglia di parlare con te – le dico.
-Ci siamo già detti quello che c’era da dire.
-No non è vero, io non ti ho detto tutto, e neanche tu lo hai fatto. Abbiamo usato solamente frasi di circostanza.
Questa volta il silenzio del telefono è ancora più lungo, tanto che ad un certo punto mi chiedo se per caso non abbia già riattaccato, ma più probabilmente è rimasta interdetta dal fatto delle frasi di circostanza, magari condivide l'osservazione.
-Sei ancora lì? – le chiedo.
-Va bene.
-Va bene cosa?
-Vediamoci.


sferoracconti

La Sfera (estratto)

PROLOGO

La mente ritorna spesso a quei giorni in cui, bambini, ignoravamo quello che avremmo provocato.
E’ straordinaria l’energia potenziale che si nasconde in un bambino; penso seriamente che sia lo stadio dell’evoluzione umana in cui ci si avvicina di più alla dimensione degli dei. Un bambino può muovere forze mostruosamente grandi senza neanche volerlo a livello conscio, forze talmente lontane dalle nostre abituali vedute che giammai troveremo scritte sui libri di scienze. Io credo che in ogni uomo coesista la natura terrena e quella metafisica, e che con lo scorrere degli anni e degli studi siamo educati nella prima sfera, trovandoci a trascurare l’altro aspetto che pure ci predomina dall’atto del concepimento ai primi anni di vita senziente.
Per questo mi è concesso supporre l’esistenza di uomini cresciuti ed educati nella sfera metafisica, uomini che vivono accanto a noi ma che hanno un grande potere nei nostri confronti, e cioè di esistere a nostra insaputa. Credo anche che questi uomini abbiano avuto un peso importante nella mia vita e nella vicenda che la ha caratterizzata insieme a quelle dei miei amici.

Eravamo ancora in terza media quell’anno. Maria Giacomini aveva organizzato una festicciola di compleanno a casa sua, un appartamento prossimo al centro della nostra città, Terni. In terza media le feste si prolungano di già nel dopo cena, e non era raro rimanere in pochi ad aspettare gli ultimi genitori che venivano a riprenderci all’approssimarsi delle undici. Di solito sono quelli i momenti che si ricordano per più tempo, giacché i cuori infiammati dai giochi e dai balli ispiravano emozioni forti che spesso sfociavano nel gioco della bottiglia. Ma quella sera iniziammo una seduta spiritica.
-Mia sorella ha detto che una volta che l’ha fatta ha trovato tutto il letto disfatto. E poi ad una sua amica che era con lei, di notte è entrato un pipistrello in camera, e le si è attaccato alla spalliera del letto a testa in giù, che per guardare che cosa era che aveva mosso il letto ci ha sbattuto la faccia- aveva sentenziato Paolo, con il risultato immediato di farci raggelare il sangue nelle vene, ma con il risultato meno immediato di convincere all’avventurosa esperienza anche gli ultimi scettici.
-Mi sa che tua sorella di fantasma ne ha incontrato uno che si chiama Andrea e che fa il secondo liceo!- intervenne Matteo, generando diffuse risatine nel gruppo.
-Andrea è amico mio, e quando viene a casa parla con me, e no con mia sorella -controbatté debolmente Paolo al cui soccorso soggiunse Claudia: -Comunque è vero che possono succedere cose strane. Io al mare l’ho fatto parecchie volte, e sono successe cose da mettere paura. Michele, tu ci stai a farla?
Ero stato chiamato in causa, ma non avevo una opinione a riguardo. A dire la verità mi capitava spesso di non avere un opinione al riguardo, ma avevo imparato a rispondere in modo convincente secondo l’opinione che mi avrebbe reso più interessante. -Facciamola. Non dobbiamo avere paura di quello che non si conosce. Non è mai successo che qualcuno si è fatto male per una seduta spiritica.
Avevo messo insieme due frasi di dubbia logicità ma di sicuro effetto. Per lo meno Claudia mi guardò soddisfatta, e faticai a non sorridere per non perdere il fascino che dovevo aver acquistato.
-Va bene, allora la facciamo- sentenziò la festeggiata.
Le luci furono spente, tranne la piccola abat-jour vicino al divano. Le nostre ombre si proiettarono lunghe sulle pareti, e i nostri visi imperlati dalle danze arrossivano all’incontrarsi degli sguardi. Mi batté forte il cuore quando riuscii a prendere la mano di Claudia per chiudere il cerchio di evocazione, e quasi mi commuovevo ripensando all’ultimo lento che proprio con lei avevo vissuto. Probabilmente Paolo, che le teneva l’altra mano, si crogiolava al piacere della conquista. Ma ero sicuro che non gliela avrei lasciata così facilmente. Intanto proprio Claudia stava iniziando la cerimonia che avrebbe dovuto evocare qualche spirito di passaggio.
-Ma tu sai che cosa bisogna dire? -le chiesi.
-Sì, me lo hanno insegnato al mare quest’estate. Io non l’ho pronunciato mai, ma mi ricordo come facevano.
-E’ vero che ti è successo qualcosa?- intervenne Maria. Le sue treccine rosse mi avevano solleticato il naso quando avevo ballato con lei.
Claudia esitò. -No. In pratica non ci è successo niente -quindi assunse un’aria assorta e iniziò il rito.
-Siamo qui formanti il cerchio della forza e dell’universo.-disse fissando il vuoto, e proseguì: -Spirito che sei stato catturato qui dentro non puoi più fuggire. Adesso noi ti evochiamo, e non ti lasceremo andare finché tu non verrai da noi.
Seguirono lunghi attimi di silenzio. Persino le ombre sui muri stavano aspettando immobili. L’atmosfera tiepida si tramutò in ghiaccio, e i sorrisi si spensero in buffe espressioni. I respiri all’improvviso echeggiavano nella sala colma del nostro odore di bambini, e il sudore stava tracciando fredde scie sulle gote e sui colli.
Aspettai che qualcuno dei più burloni spezzasse con una battuta quel gelo; Matteo sbarrava gli occhi guardando Claudia dal momento che aveva smesso di parlare, e non sembrava in grado di spiccicare parola. L’inquietudine si era impossessata di noi, e anche Claudia stessa, che si era spacciata per esperta esoterica, mi stringeva la mano con una intensità che mi imbarazzava. Nessuno di noi era capace di interrompere quella attesa.
La porta si aprì violentemente, e mentre Claudia sobbalzava inspirando un singhiozzo di paura, sua madre ci chiese se volevamo i panini al salame che erano rimasti in cucina. No, decisamente non li volevamo.
Paolo aspettò che la porta si richiudesse per parlare.
-Adesso però facciamo il gioco della bottiglia.
-Ma siamo due ragazze e voi siete tre- protestò Maria, e Matteo non lasciò cadere l’occasione: -Se vuoi ci possiamo giocare solo io e te, amore mio! -prese una bottiglietta vuota di un succo alla frutta alla pera -Pensa, questa bottiglia potrebbe essere solo per noi due, e io la dividerò con te con tutto il mio cuore!
Claudia rise vedendo Maria arrossire, e io guardando lei ridere, mentre Paolo aveva già scelto la bottiglia adatta. La posizionò al centro di noi e la face girare con un colpo sapiente. Il collo della bottiglia ci guardò a tutti due o tre volte, e poi rimase ad ammirare le ginocchia rosee di Claudia, che si portò le mani al viso fingendo di essere seccata.
-Oh oh oh, la nostra felice donzella sta per trovare il cavaliere. Primo giro bacio rosso!- esclamò Matteo. e Claudia per nulla intimorita accettò -Va bene, bacio rosso, però spero che non capiti tu -disse facendo girare la bottiglia. Fu forte il tuffo al cuore che ebbi vedendola rallentare verso di me, ma purtroppo mi superò completamente fermandosi nuovamente in direzione di Claudia.
-Non pensare di essertela cavata così facilmente, devi rigirare -Matteo era ferreo in fatto di regole. Il fruscio del vetro sul pavimento riempì di nuovo l’ambiente, mentre la bottiglia mi illudeva ancora inutilmente oltrepassandomi e rifermandosi sulla sua movitrice. -Ma allora ti ami veramente, dai dillo che ti vuoi sposare da sola, come farai a fare i bambini, farai l’amore con lo specchio? - E’ incredibile -esclamò Maria zittendo Matteo, -sono tre volte che si ferma su te. La bottiglia si è innamorata!
Claudia invece non sorrideva più, e rimise preoccupata la bottiglia in rotazione. Il copione sembrò scontato. Rombo della bottiglia sulle mattonelle fredde, rallenta verso di me, mi oltrepassa, si ferma tra le ginocchia di Claudia. Claudia impallidita cominciò a singhiozzare, e si rifiutò di toccare ancora la bottiglia. Nessuna aveva ancora voglia di scherzare, e Paolo prese il coraggio a due mani girò energicamente la bottiglia. Lo stridere del vetro verde sulle mattonelle di ceramica era assordante. Ti prego, non ti fermare su di lei, pensai, e intuì che lo stavano pensando anche gli altri, dal modo in cui inarcavano le sopracciglia o si mordevano le labbra. Claudia tratteneva male il pianto, che scaturì copioso allorché fu scelta nuovamente.

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