mercoledì 27 gennaio 2010

Verso la civiltà energetica di Tipo 1

Ci stiamo avviando verso quella che gli scienziati considerano una civiltà in grado di liberarsi dai vincoli delle risorse energetiche?

Nel 1964 lo scienziato russo Nicolai Kardashev inventò una scala secondo la quale si possono classificare le civiltà senzienti secondo le loro capacità di approvviggionamento energetico: sono civiltà di tipo 1 quando queste sono in grado di controllare e utilizzare la totalità dell’energia del pianeta in cui vivono; il grado due è concesso quando possono attingere alla totalità dell’energia della loro stella e del sistema solare, il terzo grado parla di energia dell’intera galassia.
Secondo alcune stime la nostra, umana, è una civiltà di tipo 0 (non avendo ancora l’accesso alla totalità dell’energia del nostro pianeta) per la precisione saremmo di tipo 0,7; Il fisico teorico Michio Kaku ha calcolato che potremo raggiungere il tipo 1 non prima del 2200 (ed il tipo 2 dopo il 5000).
In effetti la Terra possederebbe una potenza energetica stimata dallo stesso Kardashev in quattromila miliardi di Watt; il fabbisogno energetico mondiale di una anno è attualmente di circa otto miliardi di Megawattora (MWh), contro la disponibilità secondo questa stima di Kardashev nell’ordine dei trecentomila miliardi di Megawattora.
Ma dove sarebbero immagazzinate queste quantità mostruose di energia? In quattro miliardi di anni la radiazione solare ha continuato ad accumulare risorse energetiche sulla terra in svariate forme delle quali le più comunemente utilizzata sono quella chimica (petrolio, metano, carbone, legna), ma anche l’energia potenziale gravitazionale (acqua nei laghi e nei bacini per le centrali idroelettriche), oppure l’energia nucleare di alcuni elementi (uranio).

Solo ultimamente abbiamo cominciato ad utilizzare altre forme di immagazzinamento della radiazione solare, come il moto dei venti, o la radiazione stessa con i pannelli fotovoltaici. Ma la maggior parte di questa energia è ancora non utilizzata: pensiamo ad esempio al totale movimento dell’aria con i venti ad alta quota, oppure della radiazione solare accumulata come calore negli oceani; per non parlare delle onde degli oceani ed alle maree, all’energia degli uragani, dei terremoti, delle eruzioni vulcaniche.
Energie spaventose ed immaginabili con i nostri criteri che non sappiamo ancora convogliare.
Pensiamo ad esempio all’energia nucleare potenzialmente utilizzabile tramite la fusione nucleare dell’idrogeno contenuto nell’acqua degli oceani (centrali a fusione nucleare, ancora in fase di studio). Oppure al calore immagazzinato sotto la superficie terrestre; in effetti stiamo vivendo sulla sottile crosta raffreddata di una fusione incandescente di roccia e metallo.
Nell’ultimo caso una proposta realizzabile è quella di pompare acqua per decine di chilometri nel sottosuolo per farla riscaldare e poi utilizzarla come energia geotermica artificiale: avremmo a disposizione una forma di energia pulita e praticamente illimitata per i nostri fabbisogni.
Un giorno del ventiquattresimo secolo ci sveglieremo, e guardando il sole sorgere penseremo a come poter accedere direttamente a tutta la sua potenza per i nostri scopi, e ci scopriremo già nell’alba di una civiltà in cammino verso il tipo 2.

approfondimenti:
Scala di Kardashev (Wikipedia)
Geotermia artificiale (MIT, in inglese)

sferotecnologia

lunedì 3 agosto 2009

Ecoballe: l'auto elettrica


Si è portati a pensare che il giorno che nel mondo circoleranno solo auto elettriche al posto di quelle a combustione interna, avremo risolto i nostri problemi ecologici. Alcune considerazioni ci porteranno a riflettere sul fatto che probabilmente risolveremo molti di questi problemi ma in misura limitata, favorirebbe l'energia atomica sulle fonti rinnovabili, ed inoltre problemi di ordine economico appaiono per ora insormontabili.

E’ di questi giorni l’annuncio della prossima messa sul mercato della prima automobile completamente elettrica destinata all’uso familiare, la Nissan LEAF; quest’auto permette l’accesso alla tecnologia di movimentazione elettrica al segmento consumer del mercato automotive.
L’immagine che abbiamo adesso di una macchina di questo tipo si può riassumere in questi punti:
1) Risolveremmo l’inquinamento in quanto l’emissione (CO2, zolfo, piombo, benzene, ecc.) è nulla.
2) Costi di trasporto abbattuti in quanto non dovremmo più acquistare gasolio o benzina.
A riguardo del primo punto, a fronte di un reale abbattimento delle emissioni cittadine che produrrà effetti salutari sulle nostre vite, corrisponde uno spostamento della trasformazione di energia dal nostro motore alle centrali elettriche. Questo comporterebbe l’aggregazione di milioni di centrali di trasformazione energetica in poche centinaia, aumentando presumibilmente di alcuni ordini di misura l’efficienza produttiva e il controllo delle emissioni inquinanti. Naturalmente però queste emissioni non saranno annullate, basti pensare che in Italia la maggior parte dell’energia elettrica è prodotta in centrali termiche che bruciano carbone, petrolio e in alcuni casi rifiuti, limitando di molto la riduzione di emissione di CO2 che ci si aspetterebbe.

Per l’argomento costi, la considerazione è più sottile. Si conosce che il consumo di un’auto elettrica è di media 0,2 chilowattora per chilometro, contro i circa 0,75 di un’auto a benzina. Paragonando i costi, si traduce in un costo in più di 3 centesimi di euro a chilometro per l’auto elettrica (anche considerando un’ottima efficienza teorica fino al 90%), contro circa 8 per l’auto a benzina al prezzo di 1,2 € al litro di carburante (considerando 15 km al litro). Ma attenzione: già considerando una moderna auto diesel il costo per chilometro può scendere a 5 centesimi al chilometro. Adesso la parte sconvolgente: già sappiamo che la percentuale di carburante puro che paghiamo è in realtà circa il 30% del prezzo totale, mentre tutto il resto è in tasse. Rifacendo questi conti con il prezzo puro del carburante, arriviamo ad una costo di 2,7 centesimi per la benzina e 1,7 centesimi di euro per il diesel, a chilometro, molto più economico del motore elettrico!

Ricapitolando tutto, considerando l’equivalente di un pieno di 50 litri, spenderemmo grossomodo per la nostra automobile:
- a benzina: 20 euro di carburante e 40 euro di tasse (iva + accise, totale 60 €) per fare 750 chilometri;
- diesel: 18 euro di carburante, 37 di tasse (iva + accise, totale 55 €) per fare però 1000 chilometri;
- elettrica: 42 euro di energia, una cifra incognita per le accise e l’iva, per fare circa 1000 chilometri (totale circa 50 euro + ? euro di tasse)

Se mi avete seguito fino a qui, avrete intuito le conclusioni: sarà disposto il governo a rinunciare alle migliaia di milioni di euro provenienti dalle accise (più di 24 miliardi di euro nel 2007, più di 10 miliardi di euro di IVA) per non appesantire la costosa trazione elettrica?
Pare molto improbabile, e questo “conto della serva” sarà sicuramente considerato, eseguito in modo molto più sistematico, nelle scrivanie dei reparti progettazione delle industrie automobilistiche che si chiederanno: perché cambiare il mercato automobilistico con auto a trazione elettrica, quando queste rischiano di dimostrarsi molto più costose per l’utilizzatore nel momento in cui le stesse tasse gravanti sui carburanti vengano estese al consumo elettrico?
Paradossalmente per ridurre i costi del “carburante” elettrico occorrerebbe agire proprio sul quel costo del kilowattora (attualmente circa 0,15 euro, più iva) che grava sull’utenza domestica riducendolo almeno della metà, e l’unico modo conosciuto per avvicinarsi ad un traguardo del genere sarebbe l’utilizzo dell’energia atomica nella produzione di elettricità (sarebbero subito da scartare soluzioni troppo onerose come l’eolico o il solare, costando quest’ultimo sei volte più del chilowattora prodotto con il nucleare).

Conclusione: ripulire le nostre città dai miasmi dei fumi delle automobili con l’uso delle automobili elettriche costerebbe allo stato più di 35 miliardi di euro l’anno, oppure, nel caso di apposizione delle accise sull’energia elettrica per trazione, a noi utenti il raddoppio del prezzo per chilometro a cui siamo abituati, e tutto questo con la prospettiva di trasferire il rischio di inquinamento dai fumi emessi nelle città al nucleare.

Ergo: allo stato attuale non è un cambiamento che possiamo permetterci, e sia i governi che le case produttrici lo sanno bene.


sferotecnologia


giovedì 19 marzo 2009

Zebedì


Il trillo fastidioso irrompe nella stanza e a nulla vale più rigirarsi sul cuscino. Sette e trenta, ora di alzarsi. Tra il sogno e la realtà mi rendo conto di avere dormito poco, e mi ricordo della serata prima passata in discoteca fino alle luci dell’alba. Certo, era venerdì sera… Venerdì! Ma allora mi sto sorbendo quel concerto di alte frequenze inutilmente, tradito dal mio Nokia N95 che prima di questo momento aveva sempre saputo di non dovermi disturbare il sabato mattina!

Agguanto in malo modo l’apparecchio e controllo il datario per capire quale fosse stato l’errore. Ed ecco l’errore. Non segnava ancora sabato, e neanche venerdì; ma zebedì. Zebedì ventuno Marzo. Stordito, cerco di capire se si tratti di un sogno o se sia la realtà, ma tutto intorno a me è fin troppo reale; la luce opaca di una giornata piovosa che filtra dalla finestra, il rumore del traffico fuori in strada, il vociare delle persone che vanno al lavoro. Rimango interdetto a lungo, poi il cellulare ricomincia a trillare: sette e cinquanta, i primi venti minuti del mio zebedì mattina sono già passati.

Start me up dei Rolling Stones mi avverte della telefonata in arrivo; rispondo al cellulare e mi apostrofa uno dei miei collaboratori: - Ah bello! Scusa se ti chiamo a quest’ora, ma sono bloccato a Perugia tutta la mattina e non posso essere alla verifica. – Conto quattro secondi di silenzio e interrompo un “pronto mi sent...?”: - Verifica?

- Sì, la verifica per il nuovo impianto, era programmata per oggi, no?

- Che giorno è oggi?

- Ah ma sei sveglio o no ancora? Oggi è zebedì.

- Certo... zebedì.

La doccia non lava via il senso di inquietudine né mi restituisce le quattro ore di sonno mancato, e mi reco in ufficio ancora stordito. Un quarto d’ora di ritardo, e già l’attività frenetica dello zebedì mattina mi coglie impreparato: - Svelto, l’ispettore ti aspetta in sala riunioni! – Mi grida dietro la segretaria. Entro in sala senza neanche togliermi il soprabito e mi riceve l’ispettore, visibilmente urtato. La puzza di sigarette nazionali denuncia il suo vizio.

– Ah eccoci, possiamo cominciare allora. Vorrei procedere all’esame documentale.

Cerco una scusa per non tradire la mia impreparazione all’ispezione in corso.– Che documenti vuole vedere per primi? – Quello mi guarda con finto stupore e mi risponde a labbra strette: - Tutti. A cominciare dalle registrazioni di oggi, zebedì.

Esco dalla sala sconcertato, sperando di trovare qualche lume in agenda: la apro, giovedì.. venerdì.. zebedì. Ispezione di Igiene Aziendale, preparare campioni per fare prelievi nei bagni. Non avevo mai fatto una ispezione del genere, prima di questa mattina. Prima di questo zebedì mattina, a dirla tutta. Alzo lo sguardo e vedo alcuni tamponi già pronti per i prelievi. Il pensiero di andare a pennellare gli spigoli dietro ai cessi mi fa venire un conato di vomito… non posso proprio farlo.

Esco dall’ufficio, e spero di svegliarmi: non può essere altro che un incubo.. ma sì… un incubo dal quale non riesco a svegliarmi. Risalgo in macchina e mi accingo alla manovra, ma la macchina risponde male, sobbalza. Ho bucato. E sta piovendo ancora più forte. Dannato zebedì, se non ci fossi stato tu starei ancora dormendo nel mio sabato mattina. Intralcio il traffico, e si ferma una volante della polizia: - Patente e libretto, per favore. Ma non ha visto? Il bollo scadeva venerdì, ed oggi è zebedì, lo sa?.

- Lo so.

Mi fanno il verbale, intanto sono fradicio perché non ho un ombrello in macchina e con lo sporco delle ruote da cambiare ho una specie di fanghiglia scivolosa nelle mani. Mi pulisco sui pantaloni, li porterò in lavanderia, magari me li fanno in una settimana. Magari prima di zebedì prossimo. Mi squilla il telefono; è l’ufficio, sarà l’ispettore che mi sta cercando… - Pronto?

Alzo gli occhi, faccio solo in tempo a vedere l’autoarticolato che non riesce a frenare mentre mi viene incontro.

Il telefono continua a squillare; ma non è la suoneria del telefono, è il solito trillo della sveglia. Apro gli occhi. Salto giù dal letto e afferro il telefono, controllo la data in preda al panico. Sabato. Sono le dieci e mezza, l’ora giusta per svegliarmi di sabato. Cado a sedere, felice, sulla sponda del letto, e mi accorgo di sudare ancora freddo mentre sorrido per quel frenetico, curioso zebedì mattina.

Intanto arriva un SMS. Leggo: “Ciao, ho saputo di ieri, che fortuna che hai avuto, spero tutto bene. Avevo chiamato in ospedale ma ancora non ti eri svegliato. Io torno zebedì prossimo, ci vediamo, un bacio.”

martedì 16 settembre 2008

Sentori di economia post-moderna

La crisi economica mondiale orienterà gli investimenti nella direzione sana della produzione di beni e servizi, allontanando fondi dalle speculazioni effettuate con il solo fine di aumentare gli accentramenti finanziari

Il più grande fallimento economico del mondo, il crollo della banca americana Lehman Brothers con la quale sono esposti svariati istituti finanziari, sarebbe il colpo decisivo alla fiducia degli investitori rivolta alle speculazioni finanziarie. Per decenni economisti mediocri di tutto il mondo, ai vertici delle principali istituzioni finanziarie, hanno continuato in un gioco delle tre carte perverso, dove fondi e capitali venivano gestiti col solo fine del lucro immediato e utilizzati per finanziare, principalmente, colossali spostamenti di denaro piuttosto che la produzione di beni o servizi. Ma gli spostamenti di denaro senza l'appoggio di incremento del valore aggiunto creano, attraverso meccanismi di crescita a bolle, accentramento in pochi poli finanziari privileggiati e di contro depauperamento delle risorse disponibili per le medie e piccole realtà, fautrici queste sì in tutto il mondo di posti di lavoro e benessere diffuso.
Questo gioco può durare solo finchè le risorse da cui attingono ricchezze le speculazioni, alla fine della giostra individuate nella spesa al consumo minuto ed edilizio, si sostengono attraverso salari e stipendi. Ma proprio quest'ultimi presentano margini per le famiglie sempre più sottili fino alla retrocessione al di sotto della soglia di povertà di un esercito di risparmiatori comuni.
In un contesto in cui anche una nazione può fallire, come ha dimostrato la vicenda dei Bond Argentini, e in cui non c'è nome o dimensione aziendale che possa dare vere garanzie, l'attenzione mondiale sugli investimenti dovrà spostarsi sulla produzione reale, l'unica forma di investimento che possa creare vera ricchezza.
Il cambiamento mondiale al quale assistiamo dovrà tenere, e ne terrà gioco-forza, conto delle reali esigenze delle persone e non degli interessi di banche e finanziarie. Quest'ultime potranno salvarsi solamente rientrando nel loro ambito di servizio alla produzione, all'industria, all'agricoltura e alla ricerca, loro motivazione storica.

sferoattualità

giovedì 10 luglio 2008

Storia futura del mondo


Assistiamo ogni giorno allo sviluppo di quello che ormai possiamo chiamare la storia dell’era post-moderna, e tutto quello che possiamo vedere per adesso è abbastanza inquietante. Se servisse una data eclatante per la fine della modernità, come la scoperta dell’America ne segna ufficialmente l’inizio, non potrebbe essere altro che l’11 Settembre 2001. La guerra permanente al terrorismo, che non è altro che il conflitto esplicito tra il nostro sistema di vita e quello arabo-musulmano, è combattuta in uno scenario che a livello mondiale si va a definire in nuovi equilibri e relazioni. Senza scomodare Asimov e la Psicostoria di Hari Seldon, non è impossibile proiettare nel medio futuro le tendenze attuali una volta compresi, o per lo meno percepiti, i meccanismi che stanno agendo alla base del sistema complesso e isolato sopra il quale tutti noi camminiamo.


A livello di mera produttività, calcoli ufficiali ci dicono che già nel 2050 i paesi più sviluppati saranno nell’ordine: Cina, Stati Uniti, India. Tale disposizione geopolitica costringerà l’Europa ad una posizione sempre più subordinata alla potenza Americana mentre si prospetta un equilibrio armato tra le due massive potenze asiatiche che si spartiranno l’influenza sull’intero continente.


L’Europa pagherà la politica burocratica che le è stata posta alle fondamenta e che le mina competitività e reattività, generando crisi economiche pesanti che porteranno alla destabilizzazione di alcuni governi, probabilmente quelli in cui la cultura democratica appare più radicata nella storia (Francia, Inghilterra). La concomitanza del verificarsi della perdita di influenza europea dovuta al disallineamento di alcune nazioni insieme al cambiamento culturale nella dirigenza statunitense, che con Barak Obama presidente nel 2009 azzera qualsiasi residuo di dipendenza psicologica dal vecchio continente, determinerà infatti un peso politico sempre più defilato dell’Unione Europea fino a tornare ad essere terra di conquista.


La Russia in questo frangente sarà costretta ad alzare barriere economiche e militari per proteggere la sua produzione, radicalizzando un potere dispotico che perdurerà per una parte importante del secolo.


Israele verrà distrutta da uno dei governi fuori da ogni controllo che avranno avuto accesso alle tecnologie militari nucleari dell’Iran, o dall’Iran stesso, in seguito ad un tentativo occidentale di un attacco preventivo diretto alle postazioni nucleari di quelle nazioni; attacco destinato a non essere efficace a causa della partecipazioni dei soli Stati Uniti affiancati dalle residuali forze europee.


La Terza Guerra Mondiale sarà rapida e disastrosa; le tensioni sommerse dovute ai trattati energetici troppo a favore delle nazioni leader nel Ventesimo Secolo e ormai insostenibili con il petrolio a mille dollari al barile, spingeranno le nazioni una volta chiamate emergenti a rovesciare l’equilibrio geopolitico attraverso l’invasione dell’Europa del Sud, Italia compresa.


Gli Stati Uniti a questo punto non rispetteranno il Patto Atlantico per non compromettere la propria, instabile, economia e si limiteranno a partecipare al tavolo del nuovo trattato, che con tutta probabilità vista la centralità nelle aree interessate verrà redatto a Roma.


Il Nuovo Trattato di Roma sancirà l’aspetto del Vecchio Continente con una costituzione imposta basata non sul sistema bancario ma su quello produttivo, e verrà sperimentato un modello di economia basato sulla autosufficienza energetica ed economica possibile grazie a tecnologie moderne ed ecologiche; questo modello verrà a pesare inizialmente sul potere d’acquisto dei cittadini europei che dovranno far fronte ad una evidente riduzione del loro tenore di vita.


La Chiesa Cattolica così come la conosciamo scomparirà in quanto non verrà data continuità allo Stato Pontificio e non verrà eletto un nuovo Papa alla morte dell’ultimo ormai in esilio, probabilmente in Portogallo data l’alta percentuale di fedeli, dove continuerà ad esistere una struttura clericale senza però nessuna ufficialità riconosciuta.


Ginevra ed il CERN verranno tenuti in un distretto territoriale separato e conoscerà un lungo periodo di commissariamento internazionale al fine di garantire l’accesso alle enormi scoperte scientifiche collegate alle sperimentazioni effettuate con il Large Handron Collider, il gigantesco acceleratore di particelle entrato in funzione all’inizio del secolo e ora, potenziato di alcuni ordini di grandezza, operante a pieno regime.

Alcune di queste scoperte consentiranno tra l’altro lo sviluppo di una tecnologia in grado di creare computer quantistici funzionanti milioni di volte più rapidamente dei supercomputer di inizio secolo. Questo darà l’avvio ad intelligenze artificiali che verranno utilizzate dai governi e dai laboratori di ricerca per sperimentare modelli governativi e tecnologici, risolvendo in pochi decenni i problemi di fabbisogno energetico e di risorse alimentari globali.


A questo punto l’Europa, prima a beneficiare delle ricadute tecnologiche di queste tecnologie, riassumerà una posizione centrale trai pesi mondiali grazie all’esportazione del know-how acquisito a spese del suo tenore di vita.

La disponibilità di risorse attenuerà lo stato di indigenza delle popolazioni sottomesse a regimi dittatoriali o religiosi e favorirà lo sviluppo di una coscienza sociale che dopo alcune violente rivoluzioni porteranno all’instaurarsi di regimi democratici.

Si prospetta un nuovo periodo di pace basato su equilibri rinnovati e su economie sostenibili, che aprirà il sipario sul ventiduesimo secolo.


sferoracconti


martedì 22 aprile 2008

Dopo il futuro


Ormai siamo dopo. Dopo la rivoluzione informatica, dopo quella telefonica. Siamo dopo il petrolio a cento dollari il barile, dopo l'euro a 1,50 dollari e dopo tutte le "soglie psicologiche" che c'avevano imposto. Dopo l'11 Settembre, dopo il che riscaldamento globale è vero, dopo la guerra in Iraq, dopo che abbiamo saputo che la Terza Guerra Mondiale è stata silenziosa. Siamo dopo il fascismo ed il comunismo, dopo che i processori sono sempre più veloci e la legge di Moore, siamo dopo l'Iphone, dopo il videofonino e l'ECDL. Dopo Bill Gates, Bill Laden e Bush.
Siamo dopo che "un giorno i giovani saranno i padroni del mondo", dopo le pensioni sicure, il posto fisso ed i contratti a tempo indeterminato. Dopo i mutui agevolati, le case popolari e la cementificazione.

Siamo dopo i tempi dei preti e dei santi, dopo i mistici e dopo gli atei.
Dopo gli universi paralleli esistono, dopo la mente crea la realtà.

Non sentite come gli equilibri scivolano, come i sistemi crollano? Anche prima scivolavano e crollavano, ma nell'arco di secoli, millenni. Adesso tutto avviene al ritmo del battito di ali di una farfalla che crea una tempesta dall'altra parte del mondo. Prima genitori e figli erano troppo diversi per comprendersi perchè nel frattempo il mondo era cambiato, adesso i ragazzi di venti anni non capiscono più quelli di quindici, per lo stesso motivo.

C'è chi dice che siamo postmoderni. In realtà, a mio avviso, gli anni ottanta erano postmoderni, adesso siamo nel futuro. O anche dopo.


sferoracconti

martedì 15 aprile 2008

La Terza Repubblica

Benvenuti nella Terza Repubblica. All'improvviso siamo bipolari, democraticamente occidentali, conservatori e progressisti. All'improvviso non ci sono più i comunisti e i fascisti. Come d'incanto, la legge elettorale ha funzionato, i brogli denunciati sono diventati fantasmi del passato e l'impianto elettorale è diventato un ingranaggio funzionale ed oliato. Il leader dell'opposizione ha telefonato e augurato buon lavoro al vincitore, e il Premier formerà in breve tempo un governo leggero con dodici ministri.

Anche gli sconfitti non si disperano; un governo in grado di governare sembrava essere negato all'Italia per costituzione, e invece adesso ci toglierà l'ICI dalla prima casa. La curiosità e una strana sensazione di speranza pervade timida tutto l'elettorato.

Il resto del mondo si accorge che esiste un'Italia capace di produrre cose politicamente costruttive e si dimentica per un attimo della monnezza di Napoli. Anzi, arriva a pensare che adesso la ripuliamo, Napoli.

Il giorno della Terza Repubblica fondata sul Lavoro è arrivato, torniamo ognuno al nostro, di lavoro, e lasciamo lavorare anche il prossimo governo; Silvio si ricordi solo che più grande è la fiducia concessa, più grande dolore ne provoca il relativo tradimento. E adesso, finalmente, rimbocchiamoci le maniche.

sferoattualità